La Galleria delle Meraviglie

Medaglia “Gettone di guerra” Croce Rossa Italiana, in oro e smalti, 24 maggio 1915

Rara medaglia, in oro giallo 22 carati (900) e smalti, coniata su iniziativa del Comitato di Propaganda della Croce Rossa di Milano
Rara medaglia, in oro giallo 22 carati (900) e smalti, coniata su iniziativa del Comitato di Propaganda della Croce Rossa di Milano (Retro)
Rara medaglia, in oro giallo 22 carati (900) e smalti, coniata su iniziativa del Comitato di Propaganda della Croce Rossa di Milano 2

3.000,00  IVA inclusa

Medaglia “Gettone di guerra” Croce Rossa Italiana, in oro e smalti, 24 maggio 1915

Rara medaglia, in oro giallo 22 carati (900) e smalti (parte di una serie di tre esemplari in bronzo, argento ed oro), coniata su iniziativa del Comitato di Propaganda della Croce Rossa di Milano per omaggiare coloro che avevano fatto delle donazioni in denaro (la versione in oro era per offerte superiori alle 100 lire dell'epoca) per sovvenzionare gli aiuti ai soldati italiani, impegnati nella Prima Guerra Mondiale (1915-18).

Queste medaglie, inizialmente prodotte come "gettoni di guerra" (e quindi non destinate ad essere portate), in seguito vennero dotate di una montatura nello stesso metallo di coniatura (in origine decorata con smalto bianco e rosso), per essere appese ad un nastro ed esibite.

Il rovescio della medaglia è diviso orizzontalmente in due parti: in alto, tra le punte di baionette italiane ed austriache, capeggia lo stemma della Croce Rossa Italiana (C.R.I.) in smalto rosso e bianco; in basso si legge l'iscrizione "Croce Rossa Italiana, 24 maggio 1915" (giorno ufficiale dell'entrata in guerra dell'Italia). Sotto la croce è visibile a sinistra il numero dell'emissione (in questo caso la quarta) e sulla destra il numero 372 (di 500 esemplari).

Sul diritto della medaglia sono rappresentate delle scene di guerra: sulla sinistra un attacco in corsa con la baionetta, sulla destra un artigliere che giace vicino ad un cannone ed, al centro, risalta una suora della Croce Rossa Italiana che fascia il capo di un ferito. Lungo l'orlo della medaglia si legge "E' la pietà che l'uomo all'uom più deve", verso dell'ode "Il carcere di Ginevra" del poeta italiano Giovanni Pascoli.

Sempre sul diritto della medaglia, in basso, a sinistra, si trova il nome della zecca "S. Johnson" e, vicino al bordo, il punzone dell'autore, lo scultore ed incisore trentino Albino Dal Castagne (1877-1961).

Provenienza
Italia

Epoca
1915

Misura
Circonferenza 4 cm. circa; altezza con anello 4,3 cm. circa.

Informazioni aggiuntive

Peso 19 g

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Note
Lo stabilimento Johnson fu fondato, nel 1836, a Milano, dall’inglese James Johnson come laboratorio nel quale venivano realizzati bottoni e stemmi in metallo stampato.
Verso la metà dell’800, in seguito alla morte del fondatore, l’attività venne proseguita dal figlio Stefano, che dette maggiore maggiore impulso alla produzione di medaglie e, contemporaneamente, modificò la ragione sociale in Stefano Johnson, Fabbrica di medaglie.
Negli anni seguenti la produzione continuò ad incontrare i favori di un pubblico composto da associazioni, enti pubblici e privati, ordini religiosi ed esponenti delle nobili casate ambrosiane.
Nel 1880, alla scomparsa di Stefano, suo figlio Federico (entrato nella ditta quattro anni prima) prese in mano le redini dell’impresa, ponendo in essere una politica di consolidamento e di trasformazione, che avrebbe impresso una svolta all’intero complesso aziendale. In particolare, procedette all’acquisto degli stampi della Zecca di Milano (cessata nel 1878) e iniziò un lungo processo di ammodernamento dei macchinari, che si sarebbe concluso, nel 1911, con l’inaugurazione di un nuovo stabilimento. A quella data, anche la produzione si era via via orientata verso la realizzazione di medaglie commemorative di fatti d’armi e di uomini illustri, impegnati nello sviluppo industriale e nella gestione pubblica, a cui si univa l’inaugurazione di una fonderia artistica, per opere di grandi dimensioni, e quella di un grande salone, presso la sede dello stabilimento, adibito a museo.
Con lo scoppio del primo conflitto mondiale e, in seguito, alle numerose commesse statali, la produzione si concentrò ulteriormente sui fatti militari, per poi essere costretta ad assecondare il gusto imperante durante il periodo fascista.
Nell’agosto del 1943 l’impianto subì ingenti danni, provocati dai bombardamenti, che costrinsero Stefano Johnson (figlio di Federico) ad interrompere, quasi totalmente, l’attività per un triennio.
Negli anni seguenti, Cesare, figlio di Stefano, provvide a riavviare l’impresa e nel 1958 venne aperto il nuovo impianto di Baranzate di Bollate, alle porte di Milano. Nei decenni seguenti l’attività della società è proseguita nel rispetto di una tradizione, che ha sempre visto l’azienda confrontarsi con i migliori artisti del settore e, questo, in parallelo alla costante ricerca delle soluzioni tecniche più all’avanguardia.

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